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Gualdana del Seprio

Gualdana del Seprio

Associazione culturale

Tratto da: Terence Scully "L'arte della cucina nel Medioevo"

Cuoco e medico

Nel Medioevo il concetto di salute veniva associato a quello di equilibrio tra gli umori, dalle dottrine di Ippocrate (460-377 a.C.) e Galeno (131-202 d.C.) secondo le quali esisterebbero quattro qualità (caldo, secco, freddo, umido) e quattro umori (sangue-fegato, flegma-polmoni, bile gialla-cistifellea, bile nera-milza), oltre alla dottrina tradizionale dei "quattro elementi" o "radici" del mondo (fuoco, aria, terra, acqua), connessi alle quattro entità cosmiche (il Sole, il Cielo, la Terra e il Mare).
Gli agenti umorali collegati ai quattro elementi avrebbero determinato il temperamento degli esseri umani. Per capire un essere umano i pensatori medievali valutavano l'influenza su di lui esercitata dai quattro elementi, e un medico medioevale utilizzava la teoria degli umori e le possibili modificazioni dei temperamenti per identificare le malattie e curarle.
La teoria degli umori regnava anche nelle cucine dell'epoca. Quando il cuoco medievale sceglieva un metodo di cottura doveva essere consapevole delle conseguenze della sua scelta, non solo in senso gastronomico, ma anche fisico.

cucina

La scelta di un determinato metodo di cottura è quindi causata primariamente dalla necessità di "correggere" il più possibile gli umori naturali di un cibo che potenzialmente può essere dannoso per la persona che lo consuma. La carne di bue, ad esempio, ritenuta un tipo di carne particolarmente secca, doveva sempre esser bollita (mai arrostita); il maiale (tanto umido quanto il manzo è secco), doveva sempre essere arrostito. Il pesce che è in qualche modo freddo e umido (come lo è l'elemento in cui vive) veniva in genere fritto. Il guscio di pasta di una crostata protegge l'umidità dei cibi dotati di un temperamento solo moderatamente umido (carni quali il vitello, il pollame e alcuni uccelli selvatici) dall'essicazione dovuta a una lunga esposizione al calore dissecante di un forno. La naturale umidità di un cibo si può salvaguardare anche aggiungendo nella crostata del lardo.
La maggior parte delle verdure (sia che foglie che radici) viene fatta a pezzi, tritata e cotta tramite bollitura che apporta l'umidità che esse non hanno nella loro natura. I vari bulbi appartenenti alla famiglia delle cipolle (umidi al grado più pericoloso se non addirittura mortale) vengono fritti per togliere loro una parte dell'umidità superflua. Lo stesso dicasi per frutti quali mele, albicocche, ciliegie, datteri, uva, meloni, pesche, pere, prugne e zucche i quali vengono mangiati solo dopo essere stati arrostiti o cotti in forno oppure combinati con ingredienti la cui natura secca può contrastare almeno in parte la loro eccessiva umidità.
Affinch` un ingrediente possa modificare efficacemente la natura di un altro, i due devono entrare in contatto intimo, devono essere mescolati in modo da diventare, se possibile, un unico miscuglio. Il modo migliore per assicurare questo stretto contatto è quello di ridurre ogni ingrediente in minute particelle. Perciò la cucina medioevale ha la sua grattugia, il suo mortaio, il suo colabrodo, il suo setaccio e metri e metri di stoffa per colare e filtrare.

Le restrizioni religiose

Influenza fondamentale sulle abitudini alimentari dell'Europa medievale: la Chiesa.
Nel momento in cui l'impero romano collassò la dottrina cristiana aveva adottato o semplicemente mantenuto alcuni atteggiamenti riguardo la necessità di distinguere tra cibi relativamente "puliti" o "puri" e cibi relativamente "sporchi" o "impuri". Tali distinzioni (indubbiamente fisiche e sanitarie, alle loro origini) assunsero un significato morale non appena i teologi iniziarono a ricercare i mezzi attraverso i quali un individuo potesse diventare più puro, meglio accetto a Dio.
La definizione di giorni di astinenza dalla carne ("di magro"), non fu mai uguale in tutta l'Europa cristiana n&eqcute; costante durante tutto il Medioevo. La chiesa comunque insistette su quattro periodi di magro e digiuno ognuno della durata di quaranta giorni: Avvento, Quaresima, Pentecoste e il periodo seguente Santa Croce (14 settembre). Alcune forme di digiuno modificato vennero certamente praticate ogni settimana per tutto l'anno nell'Europa medioevale. In origine destinati a tale "digiuno" erano il venerdì e il sabato; nella copia manoscritta del Viander dell'inizio del XV secolo, però, i giorni della settimana nei quali è lecito mangiare carne sono espressamente limitati alla domenica, al martedì e al giovedì. Perciò è implicito che ben quattro giorni alla settimana (lunedì, mercoledì, venerdì e sabato) fossero giorni di "magro". Gli obblighi riguardano determinati cibi (carne e prodotti animali riscaldanti, quale grasso e strutto, latte, burro e formaggio) e non il numero dei pasti.

I dogmi fisico-umorali

La nozione di "cibi appropriati" all'inizio e alla fine di un pasto, quella cioè di apertivi e di digestivi, è radicata nelle teorie medioevali riguardanti la funzione dello stomaco. Lo stomaco è il posto nel quale ogni cosa che viene ingerita viene sottoposta alle trasformazioni base per essere convertita prima in chimo, poi in chilo e infine in sangue. L'immagine medievale dello stomaco è quella di una pentola flessibile; il verbo usato per esprimere l'idea di digestione è il verbo "cuocere&equot: lo stomaco "cuoce" ciò che gli viene dato.
Quindi i migliori aperitivi erano considerati quelli in grado di riscaldare lo stomaco e prepararlo alla sua funzione; i cibi più facilmente digeribili invece erano considerati quelli moderatamente caldi e umidi. I cibi su cui la fornace-stomaco deve faticare a lungo per estrarre il loro potere nutritivo dovevano essere serviti alla fine di un pasto.
I medici segnalano l'utilità di certe preparazioni a base di semi quali anice o carvi immersi in miele o zucchero, di finocchio e cumino. Il vino, bevuto solo in quantità moderate a stomaco vuoto, apre il suo orifizio e stimola l'appetito. Si ritiene che il digestivo operi in senso contrario all'aperitivo. Dopo aver consumato un pasto il commensale deve chiudere l'apertura del proprio stomaco. L'azione ` in qualche modo analoga a quella di mettere un coperchio sopra una pentola: il processo di cottura si svolge meglio in un contenitore chiuso. Spezie candite, bevande a base di vino speziato, un miscuglio di acqua di rose e zucchero sono tra i digestivi preferiti.

Gli alimenti sconosciuti

cucina La stragrande maggioranza dei cibi usati nel Medioevo è presente anche sulle tavole dei nostri giorni. Fanno eccezione verdure quali patate, patate dolci, fagiolini verdi, carciofi, mais, peperoni verdi, rossi e gialli, peperoncini e pomodori. I frutti tropicali, quali banane, ananas e kiwi non vengono importati universalmente in Europa nemmeno alla fine del Medioevo mentre il melograno, coltivato in Italia e nella penisola iberica, era conosciuto e usato.
Le mandorle potevano essere utilizzate esattamente come arachidi o noccioline americane, sconosciute.
Per quanto riguarda le carni, con la nota eccezione del tacchino, nessuna delle carni domestiche che mangiamo oggi era sconosciuta all'epoca, anche se nei tempi più recenti alcuni animali domestici, ad esempio il maiale, hanno subito significative modificazioni genetiche per migliorare la loro produzione di carne. Per quanto riguarda i pesci, di mare e di acqua dolce, i cuochi e i buongustai medioevali avevano una vasta conoscenza delle specie commestibili e usavano una gran parte dei pesci piatti e tondi del mare, come pure dei crostacei provenienti da tutte le acque che bagnano l'Europa e dei pesci di fiume e di lago dei bacini interni.
Bevande quali il caffè, il the e il cacao hanno assunto il loro posto preminente nella dieta popolare solo dopo la scoperta del continente americano, se non durante l'imperialismo britannico.

Adattamenti e sostituzioni

cucina La dieta di un individuo nel Medioevo dipendeva in larga parte dalle stagioni. Anche se diversi cibi freschi potevano essere regolarmente conservati per diversi mesi, il succedersi delle stagioni nel corso dell'anno aveva un ruolo importante nel determinare cosa mangiare e quando. Inoltre, i sistemi di conservazione disponibili nelle case medioevali (salatura, essiccatura, affumicatura, canditura...) cambiavano inevitabilmente la natura del cibo cosicchè, a differenza di un cibo congelato, esso non può più essere riportato veramente al suo stato naturale "da fresco".
Oltre alla stagionalità dei prodotti occorre tenere presente anche le teorie elaborate dai medici che definivano i cibi stagionali appropriati. La persona che prende sul serio le ingiunzioni del libro sulla salute si rallegri al giungere del mese di settembre: questo mese, infatti, èè innocuo per tutti purchè uno non si sia ammalato in agosto; in settembre una persona può mangiare qualunque cibo senza danno, più che in qualunque mese dell'anno".

La conservazione dei cibi

Un problema costante, riconosciuto da tutti coloro che commerciavano o trattavano i cibi nel Medioevo, riguarda la loro freschezza. La società medioevale doveva fare molta attenzione ai cibi avariati, in particolare alla carne. I comuni emisero leggi perché i macellai portassero i loro animali in città "sugli zoccoli" per essere macellati, in modo tale che fosse del tutto evidente che la carne non fosse vecchia. Mancando la possibilità della refrigerazione, gli animali venivano macellati solo su domanda giornaliera, forse oraria.
Le leggi proibivano inoltre ai macellai di conservare la carne oltre i due giorni di digiuno (venerdì e sabato) che concludevano la settimana: ogni gioved&iquot; sera, alla fine dell'orario di lavoro, il macellaio doveva sbarazzarsi di ogni pezzo di carne ancora in negozio.
Carni, pollame e pesce si potevano essere conservati in casa: affumicati, in salamoia o salati e seccati. Le carni fresche e i pesci (il cui alto contenuto in olio li rende particolarmente soggetti a "corruzione") venivano saturati col fumo di legna. Un prodotto base della cucina romana, la salsa conosciuta con il nome di garum (acciughe, spratti, maccarelli e sgombri lasciati fermentare), non si è fatto strada nella cucina medievale.
Il latte di animale aveva vita breve, ma i suoi derivati (burro e formaggio) si conservano grazie all'aggiunta di sale. A breve temine, anche la gelatina forniva un servizio simile. Una gelatina naturale si poteva ricavare da alcune fonti (ad esempio piedino di pecora, luccio, pesce persico, tinca, carpa, anguilla e lampreda) e poteva essere aggiunta ai cibi stufati per prolungarne la conservabilità.
Frutta e noci venivano regolarmente conservati in zucchero o miele o vino dolce.

Le bevande

Tra le bevande disponibili durante un pasto si annoverano: il vino, il vino speziato, la birra, l'idromele, il sidro ricavato da diversi frutti e, in misura ridotta, l'acqua.
Acqua - Sulla tavola medioevale, l'acqua non ebbe un ruolo importante come oggi. Solo l'acqua di fonte poteva essere considerata esente da polluzione ed anche questo solo con un certo numero di precauzioni. Un ulteriore svantaggio teorico associato al bere acqua durante un pasto sta nel pericolo enunciato dai medici dell'epoca: "bere acqua mentre si sta mangiando è molto dannoso; l'acqua raffredda lo stomaco e il cibo rimane indigesto". Come chiara conseguenza, l'acqua a tavola è esplicitamente vietata per la persona sana che vuole conservare l'efficienza delle sue facoltà digestive.
Vino - I vini migliori non sono per tutti, ovviamente. Il succo ottenuto premendo l'uva varia in qualità a seconda di quanto "naturalmente" esso veniva ottenuto. La prima blanda pressione produceva un succo "naturale", corposo: il prodotto migliore appannaggio dei ricchi prelati. Una seconda premitura, più vigorosa, produceva un succo di qualità secondaria. Infine, aggiungendo acqua alla poltiglia rimasta dopo la seconda premitura, si poteva ottenere un succo scadente, ben noto in tutta Europa, di tenore alcolico relativamente basso, ma economico nel prezzo. Era il vino bevuto dal popolo: pur essendo sufficientemente alcolico da essere una bevanda più sicura dell'acqua, la scarsità del suo livello alcolico faceva sì che lo si potesse consumare in quantità sufficienti a placare la sete senza minacciare la sobrietà. I vini erano attentamente studiati e catalogati. Una prima distinzione si basava sul colore: rosso e bianco. Il contadino o il borghese comune ha raramente possibilità di scelta tra i vini. Essi bevevano in genere un vino bianco o un ros&egrava; (prodotto lasciando un po’ di bucce dell'uva) della terza premitura.
Vini speziati - I vini speziati (serviti caldi o no) godevano di uno status privilegiato. In un pasto avevano la funzione di aperitivo o di digestivo a conclusione del pasto. Un gran numero di manoscritti di cucina contiene ricette per l'hipocras. Anche se non vi è un accordo generale su tutti i suoi ingredienti, l'hipocras è in genere a base di vino rosso (per natura pi&ugrava; caldo del bianco) nel quel venivano mescolate polveri di diverse tra le pi&ugrava; comuni spezie: zenzero, cannella, galingale, zucchero; oppure zenzero, cannella, grani del paradiso, noce moscata, galingale e zucchero; o zenzero, cannella, chiodi di garofano, grani del paradiso, macis, nardo, noce moscata, galinga e zucchero. Il metodo più semplice per infondere le spezie nel vino consiste nel mescolarle nelle quantità appropriate poi, messe in un sacchettino, sospendere quest'ultimo direttamente nel barile o nella brocca.
Birra - Doveva essere bevuta con moderazione perchè l'intossicazione che produce è peggiore di quella prodotta dal vino e dura più a lungo: i suoi fumi e vapori sono, infatti, più difficili da eliminare dal cervello in quanto più "grossi" di quelli del vino. Bere del vino produce l'effetto della "falsa sete", che la birra non produce. Come si faceva con il vino anche la birra poteva essere "lavorata" con l'aggiunta di varie spezie.
Idromele - Da tempi immemorabili il miele sciolto in acqua dagli europei del nord, in particolare dai Celti, produceva la bevanda nota come medo e mellicrattum (latino), mede (inglese e tedesco) e bochet (francese). Benchè il miele continuasse ad avere un certo ruolo come ingrediente nella cucina tardo medioevale, l'idromele diventò nel tempo bevanda dell'aristocrazia.
Sidro - Teoricamente il succo di qualunque frutto può essere estratto dalla polpa e usato come bevanda. Nel tardo Medioevo alcuni tra questi succhi venivano usati comunemente freschi o, se il loro succo era sufficientemente ricco di zucchero da permetterne la trasformazione in alcol etilico, in forma fermentata. Il sidro di mele (cidre o pommé) era usato solo come medicina. Il prunellé, fatto con prugne selvatiche e prugnole e un vino fatto con more di gelso o more di rovo (murrey in inglese e muré in francese), erano popolari in quelle regioni d'Europa dove i succhi venivano prodotti. Il succo e il vino di melograno, fatti con i semi pestati e filtrati, erano molto comuni in Italia.
Sciroppi e distillati - Oltre ad essere bevuti puri o speziati il vino e i diversi tipi di birra venivano lavorati anche in due modi diversi per ottenere altre bevande: uno sciroppo di vino e un distillato di grano e uva. Si definisce sciroppo quello che rimane in una brocca dopo che i due terzi sono stati fatti evaporare con la bollitura.

Il processo della distillazione pare fosse noto già dall'800 a.C., quando i Cinesi distillavano birra di riso in porcellana per ottenere la più antica forma di whisky. Il più antico riferimento preciso al meccanismo in base al quale i liquidi prima volatilizzano, poi si condensano, descrive quello che è ancora l'apparecchio più elementare: una pentola nella quale si può bollire il liquido originario, una boccia - sulla cui superficie interna il vapore si condensa - e un tubo di scarico tramite il quale il distillato viene portato a un secondo contenitore. Questo apparato è un alambicco. Citati già in numerosi manoscritti del IX e X secolo, gli alambicchi più antichi sono fatti di terracotta, rame e stagno, occasionalmente anche di piombo. Si deve attendere la fine del XIV secolo affinch&egrtave; bocce di vetro sostituiscano i recipienti di metallo. Nel Medioevo europeo i prodotti della distillazione sono all'inizio limitati nella quantità e nell'uso: in una prima fase i luoghi della distillazione dell'alcool sono la casa o il convento. Nel suo Secretis mulierum, Alberto Magno (1193-1280) offre due ricette per distillare alcool che egli chiama acqua ardens o acqua ardente. Nel suo libro Sulle acque (termine con il quale egli allude all'intera gamma dei distillati possibili), Pietro Ispano (1215-1277) descrive sia l'acqua vitae (il cosiddetto "elisir di lunga vita") che l'acqua ardens ("acqua ardente", alcool quasi puro). I distillati comunque non vengono consumati normalmente durante un pasto, la loro funzione era primariamente farmaceutica.

La tavola

cucina In un locale multiuso come è la sala, la tavola non ha una collocazione fissa. Se la stanza deve essere usata per consumarvi un pasto si montano delle tavole: esse consistono solamente in piani di legno composti da assi incollate insieme e appoggiate su cavalletti pieghevoli. Lungo queste tavole si dispongono dei banchi o panche per far sedere gli ospiti. Se la lista degli invitati è abbastanza lunga da richiedere più di una sola tavola, si dispongono altre assi e altri cavalletti a formare con la prima tavola una "U" con angoli retti. Una sistemazione di questo genere, con tutti gli ospiti seduti dallo stesso lato, permette un rapido e indisturbato servizio sui lati esterni di questa "U" nonchè una buona vista per qualunque tipo di divertimento che il padrone di casa voglia offrire a i suoi ospiti. Non ultimo vantaggio è che tutti gli invitati si possono reciprocamente vedere.
Le tavole sono coperte con una stoffa bianca, in parte forse per coprire sudiciume e macchie per gli usi precedenti e che non possono più essere raschiati via. Chi vuole essere ancora più raffinato fa porre sulla tavola una seconda tovaglia sul lato lungo in modo che metà di essa scenda a coprire il grembo degli ospiti. E' considerato del tutto corretto usare questa tovaglia per pulirsi le dita o la bocca nel corso del pasto.
Con ogni verosimiglianza ogni posto ha un cucchiaio e una altra fetta di pane detta "tagliere" o "mensa" di forma quadrata o tonda.
Il coltello è uno strumento indispensabile su una tavola medioevale. Per dimostrare la propria straordinaria ricchezza e ospitalità il padrone di casa può anche fornire ai suoi ospiti un coltello per ogni invitato, dal proprio servizio di casa di posate, ma ogni invitato ha con sé il proprio coltello che porta sempre addosso.

Il "tagliere" o "mensa" è fatto di una pasta di pane rozza e abbastanza vecchia da avere una certa consistenza. Posto di fronte ad ogni invitato ha una duplice funzione: serve ad identificare il cibo che una persona ha scelto da un piatto comune ed ha iniziato a mangiare ma non ancora finito e, assorbendo un po' del sugo della pietanza, serve a salvare in parte la tovaglia. A seconda dello status sociale individuale, questo tagliere di pane può essere sostituito da un piatto personale di legno o di peltro, perfino d'oro o d'argento. Anche le forchette sono conosciute e usate in cucina da molto tempo ed hanno lunghi manici e spesso vengono usate, come i nostri forchettoni, per togliere dai paioli pezzi di carne; esse però non compaiono sulle tavole.
A tavola la persona raffinata può scegliere di prendere il cibo dal piatto comune o vassoio infilzandolo con il suo coltello, o più abitualmente, usando le dita della mano destra. Per garantire la serenità agli altri che mangino dallo stesso piatto o vassoio si organizza il lavaggio delle mani sia all'inizio di un pasto che durante lo svolgimento. Per il lavaggio iniziale un servitore tende un bacile mentre un altro versa acqua sulle mani di ogni invitato e poi gli passa un asciugamento. Per pulirsi le mani durante il pasto si appoggiano sulla tavola delle coppe che vengono cambiate di tanto in tanto durante il pasto.
Non solo il padrone di casa divide il suo cibo con gli ospiti, ma gli ospiti a loro volta devono divider il loro cibo tra gli invitati. Questo dividersi il cibo è visto a tal punto come prova di amicizia che il termine "compagno" significa letteralmente la persona con la quale si divide il pane.
Quella che noi oggi chiamiamo "zuppa" è una preparazione nella quale il pane fresco o tostato viene imbevuto con qualcos'altro di semisolido, ad esempio del formaggio fuso o un liquido semiviscoso, e si può mangiare con le dita come una torta. Se una salsa deve accompagnare la carne essa può essere versata direttamente su di essa prima che il piatto venga portato in tavola, oppure può essere messa a disposizione dei commensali in piccole coppe poste sulla tavola a fianco degli ospiti; ognuno può immergere il boccone di carne nella salsa quando vuole.

Le buone maniere a tavola

In uno dei trattati più antichi, la Disciplina clericalis o "Addestramento di un gentiluomo" scritto in latino da Pietro Alfonso all'inizio del XII secolo, un figlio chiede al padre come avrebbe dovuto mangiare se si fosse trovato a sedere di fronte al re. In risposta il padre fornisce una specie di guida maestra per indicare al giovane le buone maniere a tavola. "Figlio mio" dice il padre "tu devi sempre mangiare allo stesso modo, non importa dove sei: non c'è differenza tra mangiare qui o là. Anche quando mangi da solo devi mangiare sempre come mangeresti davanti al re."

cucina
"Dopo aver lavato le mani, non toccherai niente se non ciò che mangerai. Non trangugerai subito il tuo pane, ma aspetterai che venga servito il primo piatto. Mastica il tuo cibo con cura prima di inghiottirlo, per evitare di strangolarti. Se non vuoi bere come un villano, assicurati che la tua bocca sia libera di cibo; non allungare le mani sul piatto che hai davanti per prender un boccone di cibo che ti sembra migliore di quello che hai di fronte: questa è villania. Dopo aver mangiato, chiedi acqua per lavare le mani, perché è richiesto dall'insegnamento medico ed è cosa decorosa da fare."

Il mestiere di cuoco e le donne

Sembra che non esista menzione esplicita di cuochi professionisti donne. Le donne vengono ammesse con frequenza come membri di una corporazione nella quale i loro defunti mariti erano stati membri e viene loro concesso di continuare ad esercitare il loro commercio. Ma gli statuti di Boileau della metà del XIII secolo non riferiscono della possibilità di diventare cuochi professionisti da parte delle donne; solo ai figli maschi di un Maestro cuoco è riconosciuto di godere di speciali privilegi per entrare nel mestiere.
Circa lo status di cuoco professionista, in una classifica per mestiere il reddito medio annuo di operai genovesi, tra il 1230 e il 1256, mostra le paghe per un cuoco tra i lavori meno remunerati. Il lavoro che il cuoco sa fare sembra essere stimato dall'opinione pubblica poco più di quello di un tornitore e poco meno di quello di un guidatore di muli.

Testi classici di cucina

300 a.C. - Archestrato di Gela: Sulle leccornie
200 d.C. - Ateneo: Banchetto dei Savi (frammenti del testo di Artemidoro)
300 - Apicio: De Re Coquinaria
516 - Antimo: De observazione ciborum epistola
???? - Tacuinum sanitatis
1304 - Pietro de' Crescenzi: Liber ruralium commodorum
13?? - Tractatus de modo preparandi et condiendi omnia cibaria
13?? - Simone Prudenziani d'Orvieto: Saporetto (sonetti)
1300 - Le Viandier (biblioteca di Sion)
1300 - Libre de sent sovì (Spagna)
1300 - Liber de coquina (Anonimo della corte angioina -Codice di Parigi)
1300 - Libro della cocina (Anonimo Toscano sec XIV)(tratto dal Liber de coquina)
1300 - Libro per cuoco (Anonimo veneziano) (tratto dal Liber de coquina)
1338 - Anonimo : Modo di cucinare - Firenze
1331 - Maino de' Mainieri: Regimen Sanitatis
1355 - Maino de' Mainieri: Opusculum de saporibus
1360 - Anonimo: Tractatus de modo preparandi et condiendi omnia cibaria
1375 - Taillevent: Le Viandier
1388 - Barnaba de' Reatinis da Reggio: Compendium de naturis alimentorum
1390 - Anonimo: The Forme of Cury
1393 - Anonimo: Le Ménagier de Paris
1396 - Agnolo Pandolfini: Trattato del governo della famiglia
1400 - Due libri di cucina (manoscritto di Stoccolma)
1417 - Bockenheym : Registro di cucina alla corte del papa Martino V (1417-1432)
1450 - Maestro Martino de' Rossi da Como: Libro de arte coquinaria
1474 - Platina (Bartolomeo Sacchi): De onesta voluptate et valetudine
1477 - Pantaleone da Confienza: Summa lacticiniorum Torino
1490 - Fiera G.B. - Coena seu de erbarum virtutibus - Roma
1400 - Anonimo Napoletano: Ricettario
1400 - Benzi Ugo: Le Regole della sanità et della natura de' cibi (Venezia 1518)
1400 - Manfredi Girolamo
1450 - Savonarola M. : Libreto de tute le cose che se manzano - (Venezia 1508)
1525 - Roberto de Nola: Libro de Cozina - Toledo (opera stampata postuma, ma scritta nel 1400)